LE LITI TRA SOCI

I dissidi tra soci rappresentano nel corso della vita di un’azienda quasi più una sicurezza da saper gestire che una mera eventualità da dover affrontare. Per i più cinici il contratto di società così come regolato dall’art. 2247 del Cod. Civile potrebbe essere definito alla stregua di un contratto di matrimonio di cui è già nota alle parti la data del divorzio. 

Le cause effettive alla base del sopravvenuto malcontento tra i soci possono coinvolgere ogni confine dello scibile umano, come per esempio la mutata visione del futuro aziendale, le differenti aspettative nei confronti della società, motivazioni relative al passaggio generazionale, divergenze in materia di investimenti strategici ritenuti prioritari e così via. 

Ad oggi la maggior parte degli imprenditori per risparmiare poche migliaia di euro nella fase di costituzione della società non affrontano con sufficiente lungimiranza la fase di pianificazione e regolamento dei rapporti tra di essi, lasciando nelle tasche infauste del destino probabilmente molto di più in termini economici di quanto sarebbe costato loro adoperarsi per una consulenza in materia societaria. 

Di fatti esiste un preciso momento della vita dell’azienda in cui le sopravvenute discrasie sovra menzionate possono sfociare in una delle cause di scioglimento della società così come disposto dall’art. 2484 al co. 2 e 3:

  • Impossibilità o sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
  • Impossibilità di funzionamento dell’assemblea;
  • Continuata inattività dell’assemblea;

Tali situazioni si verificano quando i soci non raggiungono le maggioranze necessarie per assumere determinate decisioni a causa del dissenso di uno o più soci. Ciò accade frequentemente nelle società caratterizzate dalla partecipazione di soci paritetici, o quando vi sia una ripartizione di azioni o quote all’interno della società che possono portare al bilanciamento di voti (ad esempio un socio al 50% e due soci al 25%, quattro soci al 25%, etc.) o quando i soci di minoranza riescano, in virtù del loro particolare peso all’interno della società, ad imporre maggioranze qualificate per determinate decisioni, condizionando con il proprio consenso l’adozione di determinate delibere. Il termine tecnico per definire una situazione di impasse in seno alla società è il cosiddetto “stallo decisionale” o “blocco assembleare”.

Al verificarsi di un blocco generalizzato dell’attività sociale subentra immediatamente il disposto dell’art. 2485 recante “Obblighi degli Amministratori” producendo in capo a quest’ultimi l’obbligo di scioglimento della società e della sua successiva liquidazione:

“Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2484Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili [1292] per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi”.

Il combinato disposto appena citato è in grado di produrre la dissoluzione del patrimonio sociale, la perdita del valore degli assets aziendali nonché dell’avviamento. Non solo, anni di lavoro, sudori, progetti e fatiche condivise. 

Il presente articolo offre lo spunto tecnico giuridico per ovviare allo “stallo decisionale” dell’organo assembleare preservando la funzionalità e la continuità dell’impresa, potendo offrire spunti operativi per regolare ex ante il rapporto tra i soci attraverso specifiche clausole statutarie denominate “deadlock” o clausole “antistallo” da inserire al momento della costituzione della società all’interno dello Statuto o nei Patti Parasociali.

L’ingegneria giuridica, in particolar modo di matrice anglosassone, ha prodotto un paniere piuttosto ampio di meccanismi volti a prevenire e regolare le situazioni di impasse societario. I più utilizzati possono essere scissi in due macro categorie:

  • Meccanismi volti al mantenimento in vita del rapporto sociale;
  • Meccanismi volti allo scioglimento del rapporto e regolamentazione di questo;

Da qui innanzi procederemo verso una rapida rassegna soffermandoci in particolar modo sui meccanismi che in base alla nostra esperienza professionale consideriamo meritevoli di un approfondimento.

Meccanismi volti al mantenimento del rapporto sociale:

  • Clausola di Cooling Off: tale meccanismo prevede, in caso di un disaccordo insanabile tra i soci, la maturazione di un periodo di riflessione (solitamente dai 30 ai 90 giorni) potendo reiterare i tentativi della compagine sociale verso il raggiungimento di una soluzione concordata;
  • Clausola di Casting Vote: tale meccanismo produce in caso di impasse un’escalation del livello decisionale riconoscendo ex ante la prevalenza della volontà di una delle parti, quindi del voto di un socio a discapito degli altri, anche per delibere espressamente attinenti a specifiche materie; 
  • Clausola Super Partes: tale meccanismo prevede l’intervento di un terzo indipendente. Se interno alla società, il terzo può essere intestatario in via fiduciaria di azioni o quote, con relativo mandato a votare nell’interesse esclusivo della società, in modo da risultare decisivo nell’ambito dei voti contrapposti dei soci. Oppure è possibile che la partecipazione sociale sia intestata ad un arbitro fiduciario, ai sensi dall’art. 37 D.lgs. n. 5/2003, c.d. “Ago della bilancia”. Il terzo indipendente può essere anche esterno alla compagine sociale, c.d. “Chairman Esterno”.

Meccanismi volti allo scioglimento del rapporto e regolamentazione dello stesso:

  • Buy and Sell Provisions: più efficaci ad “evitare” ma senza ombra di dubbio a “risolvere” definitivamente situazioni di stallo decisionale, nonchè rapporti sociali ormai compromessi, sono i meccanismi che prevedono l’obbligo in capo al socio dissidente o disinteressato (colui che produce la situazione di impasse societario) di trasferire senza soluzione di continuità la propria quota di partecipazione all’altro socio o gruppo di soci. In questo modo il socio dissidente viene messo nella condizione di dover abbandonare definitivamente la compagine sociale, oppure, se lo ritenesse particolarmente conveniente, di poter formulare agli altri soci una proposta di acquisto uguale e contraria. Le clausole più frequentemente utilizzate in tal senso mirano a produrre un’asta tra soci per l’acquisto delle partecipazioni mediante meccanismi di opzioni call/put reciproche, denominate anche come clausole di divergenza. L’opzione put (opzione di vendita) obbliga un socio a vendere una determinata quantità delle proprie partecipazioni sociali a un prezzo predeterminato o determinabile secondo formule quantitative volte a stimarne il fair value, eventualmente con l’intervento di un terzo arbitratore; l’opzione call (opzione di acquisto) concede a un socio la facoltà di acquistare le partecipazioni sociali altrui, sempre a un prezzo prefissato o determinabile.
  • Russian Roulette Clause: le clausole di Roulette Russa sono di recente formulazione e rappresentano una mera diramazione ontologica delle precedenti. A differenza delle precedenti producono vantaggi di non poco conto in quanto sono volte a risolvere in modo semplice, rapido ed equo gli scenari di “stallo decisionale”. Il possibile svantaggio risiede in capo a chi formula l’offerta in quanto potrebbe ottenere un risultato opposto a quello desiderato. Vediamone le caratteristiche principali;

Per effetto della clausola della roulette russa (altrimenti nota come “patto genovese”), in caso di deadlock un socio assume irrevocabilmente l’obbligazione alternativa di vendere o di acquistare la partecipazione dell’altro socio. Ciascun socio – o meglio uno solo di loro predeterminato – formula un’offerta di acquisto, ad un dato prezzo, della partecipazione dell’altro socio, mentre quest’ultimo, se non intende cedere la propria partecipazione, è obbligato ad acquisire quella del socio che ha operato la determinazione del valore. La denominazione Roulette Russa trova ora senso figurato. 

Anche una recente giurisprudenza si è espressa circa la clausola testè menzionata. Con la sentenza n. 19708 del 19 ottobre 2017 il Tribunale di Roma ha qualificato il cd. “patto genovese” come un negozio legislativamente atipico, lecito e meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322, 2° comma c.c. In particolare, i giudici capitolini hanno ritenuto che tale clausola è diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, in quanto ha la funzione di prevenire ed allo stesso tempo risolvere le situazioni di stallo decisionale attraverso una riallocazione delle partecipazioni, evitando i costi e i tempi della liquidazione. La Russian Roulette Clause assicura altresì l’equilibrio negoziale a prescindere dal criterio utilizzato nella determinazione del corrispettivo, in quanto il socio che offre di acquistare ad un prezzo, da lui stabilito, le altrui partecipazioni può in ogni caso essere chiamato a vendere le proprie alle medesime condizioni.